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Dugongo - L'incontro

 
 
Introduzione

L'incontro

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Quando si nutre, solleva
grandi nuvole di sabbia.

Per molti anni ho inseguito il sogno di incontrare un dugongo. Ne sono rimasto affascinato molti anni fa, da ragazzino, guardando un documentario in TV. Spesso, nei miei viaggi in Indonesia, ne ho sentito parlare dai pescatori, ma sempre in modo vago, con ampi gesti delle braccia ad indicare il mare. Mai un'indicazione precisa, il nome di una baia dove sperare nell'incontro.
Nel frattempo ho sentito sempre più spesso di avvistamenti di dugonghi nelle marse egiziane (insenature lungo la costa con fondali bassi, sabbiosi, con praterie di fanerogame), che però non sono mete abituali delle crociere subacquee.

L'occasione giusta si è presentata in marzo, quando ho partecipato al trasferimento di un catamarano da Genova al Mar Rosso. Una volta arrivati, abbiamo avuto la possibilità di girare un po' a nostro piacimento, mentre io insistevo per cercare il famoso dugongo.
Più volte avevo sentito il nome di El Quseir, ma in loco non sono riuscito ad avere informazioni attendibili. Spesso ci facevano nomi di marse che non comparivano sulle nostre carte, né erano in grado di indicarci la loro posizione sulle mappe. Confesso che alla fine ero abbastanza pessimista. I giorni passavano e non restava molto tempo. Finalmente, da due fonti diverse, è emerso un nome: "Marsa Abu Dabbab". Questa sulla mappa c'era, poche miglia a sud di Port Galeb, proprio dove eravamo diretti come tappa finale, risalendo da Marsa Alam.

Il 1° d'aprile è famoso per gli scherzi. Devo dire che per me è stato un giorno molto fortunato! Era uno di quei rari giorni in Mar Rosso con poco vento: la mattina, a Elphinstone reef, abbiamo visto un bello squalo martello, sul pianoro della punta sud, poi nel primo pomeriggio ci siamo diretti a marsa Abu Dabbab, per passarvi la notte e cercare il dugongo.
Questa marsa ci è apparsa subito assai diversa da come ce la eravamo immaginata. La lunga spiaggia era popolata da molti turisti, c'erano ombrelloni di paglia e lettini, dietro una lunga fila di autobus e pulmini parcheggiati. In acqua molte persone facevano snorkeling. Non ci sembrava il posto isolato e selvaggio dove cercare un dugongo ed eravamo ormai rassegnati all'ennesima delusione.
Mentre ci ancoravamo però, ecco apparire una sagoma giallastra sott'acqua, sempre più grande: affiora per respirare e poi con un'ampia capovolta si reimmerge, mostrando la coda, orizzontale, con due ampi lobi. Siamo senza parole: è lui, il dugongo!


Marsa Abu Dabbab, nel pomeriggio

Ci siamo vestiti di corsa, ho preso la mia Nikonos V col mezzo rullino che mi avanzava dall'immersione a Elphinstone e ci siamo buttati in acqua. Una rapida pinnata verso il punto in cui lo avevamo visto affiorare ed ecco una grossa nube di sabbia che si alzava dal fondo e poi la sagoma inconfondibile, massiccia, adagiata su un fondale di 6 metri.
Un profondo respiro e mi sono immerso, raggiungendolo. Il dugongo ha girato il piccolo occhio verso di me, proseguendo imperterrito a 'brucare' l'erba marina che cresce abbondante sul fondo. Ho scattato la prima foto, poi sono risalito. Ho proseguito così fino alla fine del rullino. Sono tornato velocemente alla barca, ho ricaricato la macchina e questa volta ho preso una bombola, con l'aria che avanzava dall'ultima immersione.

Ora con la bombola potevo adagiarmi sul fondo con lei (era una femmina) ed osservarla con calma. Il muso si allargava, come una corta proboscide, mentre con rapidi movimenti della bocca staccava l'erba dal fondo, espellendo la finissima sabbia in una nube che sembrava fumo. Il corpo poggiava sugli arti anteriori, arrotondati come pinne, che utilizzava per avanzare lentamente. La coda era immobile, non serviva per questi spostamenti. Io scattavo foto, lei mi lanciava rapide occhiate, per niente intimorita, continuando a mangiare.
Ogni tre minuti circa, con una spinta degli arti anteriori, si staccava dal fondo e con lenti colpi di coda tornava in superficie, per prendere un paio di boccate d'aria. Poi si reimmergeva e proseguiva a mangiare più o meno dal punto che aveva lasciato.
Sono rimasto con lei tutto il tempo che la bombola mi ha consentito, scattando un intero rullino. Poi sono riemerso e per un po' l'ho seguita dall'alto, prima di uscire dall'acqua.

La mattina dopo l'ho rivista nuotare nella baia. Il suo nuoto era diverso, più veloce, con immersioni in punti dove l'acqua era profonda oltre 20 metri. Emergeva sempre molto lontano dal punto d'immersione. La totale assenza di vento rendeva il mare perfettamente liscio e facilitava l'avvistamento. Sono entrato in acqua e l'ho cercata nella zona dove l'avevo vista immergersi l'ultima volta, ma ho trovato solo nubi di sabbia come segno del suo passaggio. Dalla barca alcuni amici scrutavano la superficie del mare per vedere dove riemergeva, ma non l'hanno più vista. Sono tornato in barca e sono rimasto di vedetta, senza vederla, fino alle 14:00, quando è arrivato il momento di partire. Si concludeva così il mio primo incontro con un dugongo: un vecchio sogno si era avverato!

Tornato in Italia e sviluppate le diapositive, continuavo a guardare quelle immagini, completamente affascinato da questo animale. Così ho deciso di ritornare, approfittando del fatto che la barca sarebbe rimasta in zona ancora alcuni giorni.

Ma questa volta non tutto è andato liscio...

Arrivato a bordo mi sono scontrato subito con le inqualificabili formalità egiziane, che ci hanno tenuto bloccati in porto per tre giorni, in attesa del permesso per uscire in mare. Questo contrattempo ha avuto però un risvolto positivo: impossibilitati a salpare, ci siamo diretti col gommone a marsa Mubarak, a circa un miglio e mezzo a sud di Port Galeb. Qui, con grande sorpresa, abbiamo visto un dugongo che nuotava, attraversando avanti e indietro l'ampia baia, con lunghe immersioni. Solo una volta sono riuscito a vederlo sott'acqua, per pochi istanti: era un esemplare adulto di grosse dimensioni. Cinque remore erano attaccate alla parte posteriore del corpo, vicino alla coda. Nuotava parallelo al fondale, sollevato di circa un metro, con movimenti della coda lenti e regolari. Non si fermava per nutrirsi, nonostante le fanerogame di cui si ciba fossero abbondanti. Ho cercato di avvicinarmi per poterlo fotografare, ma andava troppo veloce e presto l'ho perso di vista. E' stata comunque una grande gioia il constatare che in quel tratto di costa viveva un altro dugongo!

Finalmente l'autorizzazione a salpare è arrivata e ci siamo diretti a marsa Abu Dabbab. Purtroppo, in sole tre settimane, la situazione era cambiata molto, peggiorando. Ora la presenza dei turisti era massiccia. La baia era affollata da folti gruppi di nuotatori e subacquei, al seguito di guide egiziane e non.
A mezzogiorno il dugongo è arrivato ed ha cominciato a mangiare, tenendosi abbastanza al largo, su un fondale di 10 metri. L'ho raggiunto subito, pronto a scattare foto. Questa volta era accompagnato da un piccolo carango (Gnathanodon speciosus) dalla livrea giovanile gialla a bande verticali nere. Nonostante la profondità, alcune guide scendevano in apnea, esibendosi con pose assurde e sollevando nuvole di sabbia, rovinando così molte fotografie.
Per evitare la folla indisciplinata che lo attendeva in superficie, il dugongo si immergeva e risaliva percorrendo lunghe diagonali, spostandosi in acque sempre più profonde. Ma inevitabilmente, una volta emerso, veniva raggiunto, mentre innumerevoli mani si protendevano per poterlo toccare. Il risultato è stato che dopo pochi minuti ha abbandonato la baia.
Dopo un'ora è tornato, ma ancora il comportamento incivile delle persone presenti l'ha fatto scappare. La cosa si è ripetuta una terza volta, poi non è più tornato. Nemmeno al tramonto, per dormire al riparo nella baia. Il giorno dopo non si è fatto vedere. Il giorno dopo ancora, mentre aspettavo con ansia che tornasse, un gommone con a bordo dei rangers del parco si è avvicinato e ci ha intimato di lasciare la baia, nonostante gli ormeggi fossero segnalati ed autorizzati sulla mappa ufficiale, rilasciata dalle stesse autorità del parco. Ormeggi utilizzati, nei giorni precedenti, anche da barche egiziane cariche di turisti. La nostra richiesta di spiegazioni ha avuto, come esito, una minaccia di arresto se non avessimo lasciato la baia entro un'ora. In queste condizioni è inutile discutere. Non resta che subire, in silenzio, queste prepotenze.

Credo che, a questo punto, la mia esperienza con i dugonghi egiziani sia conclusa. Mi restano tanti interrogativi, cui speravo di poter dare risposta con un'attenta e tranquilla osservazione di questo esemplare. Ma il business ha avuto il sopravvento, hanno costruito un 'circo' attorno a questo dugongo. E se prima mi auguravo che potesse trovare sicurezza e tranquillità nelle calme acque di marsa Abu Dabbab, ora mi auguro che trovi presto una nuova marsa, isolata, senza spiaggia, lontana da quella presenza umana che non conosce il rispetto della natura.



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