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Dugongo - I pericoli

 
 
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Descrizione
Comportamento
Distribuzione
e Habitat

Pericoli

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Un dugongo si immerge per nutrirsi

Come si può vedere dal capitolo 'Distribuzione e habitat', la popolazione dei dugonghi è in netto declino quasi ovunque. Le cause sono tutte da attribuirsi, direttamente o indirettamente, all'uomo, mentre sembra che il dugongo sappia difendersi bene dai cambiamenti ambientali dovuti a cause naturali, grazie alla sua capacità di migrare anche su lunghe distanze.
Il pericolo principale per il dugongo, in passato, è stata la caccia, praticata ovunque in maniera indiscriminata. Non va dimenticato che il più recente parente del dugongo, appartenente all'ordine Sirenia è stato lo 'Steller's sea cow' (Hydrodamalis gigas), scoperto nel mare di Bering nel diciottesimo secolo e cacciato fino alla sua estinzione, avvenuta in soli 27 anni. Col passare degli anni la caccia si è ridotta, anche se non è mai cessata in alcune zone, e ad essa si sono aggiunti altri pericoli, legati allo sviluppo costiero, alla pesca e al degrado ambientale causato dall'uomo.

Vediamo ora in dettaglio quali sono i pericoli che minacciano la sopravvivenza di questa specie, che è stata dichiarata a rischio d'estinzione:

Caccia: praticata su larga scala in passato, prosegue in molti paesi, nonostante solo in alcuni, e limitatamente a particolari zone, sia ancora consentita. E' una tradizione antica, millenaria, poiché dal dugongo si ricavano prodotti di ottima qualità, come la carne, considerata alla pari, se non migliore, di quella dei bovini e dei suini. La carne di dugongo rientra nella cucina tipica di molti paesi, tra cui alcune isole del Pacifico. Per alcune popolazioni è un piatto rituale per le cerimonie più importanti. Fino al 1980 non era raro trovare carne di dugongo in vendita in molti mercati. In alcuni paesi alla sua carne vengono attribuiti poteri medicinali e anche afrodisiaci. La caccia viene fatta quasi sempre con arpioni, a bordo di piccole imbarcazioni o piroghe, o con reti con cui accerchiare e catturare la preda.
Altro prodotto di qualità è la pelle, spessa e resistente, da cui si ricava un robusto cuoio, utilizzato dalle popolazioni del Mar Rosso e del corno d'Africa per realizzare armature, scudi, elmi e altre protezioni da combattimento. In Egitto si facevano scarpe con la pelle di dugongo.
Dal grasso di dugongo si ricava l'olio, che ha innumerevoli usi, dal trattamento del legno per le imbarcazioni, all'uso alimentare, ai massaggi e come rimedio contro tantissime malattie, spesso mischiato con le ossa incenerite e poi polverizzate. Quasi sempre viene considerato un afrodisiaco e come tale, in passato, è stato oggetto di commerci e scambi. In Indonesia anche le lacrime (air mata) sono considerate un afrodisiaco.
Le zanne e altre ossa vengono utilizzate per ornamento ed amuleti oppure sono oggetto di commerci illeciti, raggiungendo, in alcuni paesi, prezzi elevatissimi. E' curioso notare come in alcune culture il dugongo sia stato (o lo è ancora) considerato porta sfortuna e per questo motivo non cacciato, salvo in rare occasioni. Altre culture, soprattutto in passato, hanno attribuito al dugongo poteri magici e per questo motivo venerato. La sua caccia avveniva solo in concomitanza di particolari cerimonie e riti tribali.
Ad alcune popolazioni aborigene australiane è ancora concessa la caccia al dugongo, come parte integrante delle loro antiche tradizioni.  [Top]

Foto comparative
Un esemplare fotografato a distanza di pochi giorni:
  1. la ferita centrale è visibilmente migliorata;
  2. sono già presenti nuove ferite o graffi:
    - due lunghi graffi sul fianco destro;
    - una piccola ferita sopra l'occhio destro.

Pesca: l'aumento dell'attività della pesca, anche su scala industriale, con ampio impiego di reti, è causa di molte morti accidentali di dugonghi. Gran parte degli incidenti avvengono con le reti a maglia larga, utilizzate per la pesca degli squali e di pesce pelagico, nelle quali i dugonghi restano impigliati e affogano. Nelle sole Molucche, la media annua delle catture di dugonghi nelle reti da squalo è stata stimata tra le 550 e le 1000 unità, alla fine degli anni '70 e all'inizio degli anni '80. Nelle vicinanze dei villaggi di pescatori di molte nazioni non è raro trovare resti di dugonghi. In molti paesi asiatici vengono ancora utilizzati, per la pesca, mezzi illeciti e altamente distruttivi, quali gli esplosivi e i veleni. Questi danneggiano anche le praterie di fanerogame, fonte primaria ed unica di sussistenza per i dugonghi. Nelle Filippine l'esplosivo viene illegalmente usato anche direttamente per pescare i dugonghi. In molte isole indonesiane si fa ampio uso di esplosivi e di veleno: ho personalmente esplorato i fondali di alcune isole, constatando che il reef corallino era stato distrutto al 90% o più dagli esplosivi. In Irian Jaya ho incontrato spesso pescatori che avevano sulle loro piroghe casse di veleno (cianuro). Durante alcune immersioni ho udito chiaramente forti esplosioni. Anche nella zona di Manado, che è prossima al parco nazionale di Bunaken, di notte non è raro udire forti esplosioni.
L'impiego di reti a strascico, abusivamente praticato sotto costa, è un'altra causa di catture accidentali e di danneggiamento dei fondali, con conseguente impoverimento della popolazione dei dugonghi. Molte flotte di pescherecci non rispettano le regolamentazioni internazionali e causano gravi danni all'habitat marino. In Cambogia, per fare un esempio, la legge proibisce questo tipo di pesca su fondali inferiori a 20 metri, ma questa viene praticata anche su fondali di soli 1-2  metri. In molte località Australiane, in prossimità di colonie di dugonghi, l'uso di reti e la pesca a strascico, sono proibite, ma l'industria della pesca fa comunque molte vittime tra i dugonghi nelle zone non protette. Le autorità australiane devono anche fare i conti con i pescherecci illegali indonesiani e taiwanesi.  [Top]

Degrado ambientale: gli ultimi 50 anni hanno visto un netto degrado ambientale praticamente ovunque, anche se per motivi antitetici: nei paesi più ricchi lo sviluppo industriale e abitativo ha alterato la fisionomia delle coste, nei paesi più poveri, invece, fenomeni di urbanizzazione, agricoltura mal praticata, greggi portati a pascolare sulle dune lungo le coste (come nell'Africa orientale), la perdita o la distruzione della vegetazione costiera e delle mangrovie, hanno causato erosione costiera e un aumento dello scarico detritico in mare, che ha soffocato i reef corallini e le praterie di fanerogame.
L'Egitto rappresenta un buon esempio di sviluppo costiero che ha decisamente cambiato l'ambiente nel giro di pochi anni: basta guardare quello che è successo a Sharm el Sheik, dove in 30 anni si è passati dal deserto a chilometri ininterrotti di alberghi. Lo stesso vale per la costa africana di questo paese, costellata di resort e di innumerevoli cantieri.
Il Golfo Arabico, che ospita la seconda comunità al mondo per numero di dugonghi, è anche la zona col massimo inquinamento, a causa dell'industria petrolifera. In questa zona l'inquinamento rappresenta una gravissima minaccia alla sopravvivenza dei dugonghi, poiché incide direttamente sulla prosperità delle piante marine. L'industria petrolifera ha portato anche ad un rapido sviluppo industriale, con acciaierie, fabbriche di materiale plastico, sostanze chimiche e fertilizzanti, tutti prodotti ad alto inquinamento.
In molti paesi sempre più terra viene strappata al mare, con conseguente erosione costiera, scavi, nuove costruzioni e scarichi di rifiuti. Tutto questo altera l'equilibrio dell'habitat e le fanerogame sono tra le prime a risentirne. Molti dugonghi vivono oggi a stretto contatto con queste realtà, correndo seri rischi.
Lo sviluppo di alcune nazioni ha determinato anche un aumento nel traffico di navi, traghetti e imbarcazioni in genere, con la creazione o l'ampliamento di porti e la destinazione di baie, sempre più affollate, all'ormeggio: ne deriva un aumento dell'inquinamento e dell'intorbidamento delle acque. Molte navi usano l'acqua di mare come zavorra, riempiendo e svuotando all'occorrenza appositi serbatoi, ma non è quantificabile il danno che possono arrecare alle piante marine, svuotando queste acque piene di sedimenti alla fine di un viaggio.
Tra le cause di degrado ambientale non va dimenticato il turismo, che porta oggi migliaia di persone in zone che si sono attrezzate a questo scopo ma che scaricano però in mare ingenti quantità di rifiuti.
Anche lo sviluppo agricolo, che deve far fronte all'aumento della popolazione, causa inquinamento per il vasto impiego (spesso un abuso) di concimi chimici e pesticidi tossici, che con le piogge vengono scaricati in mare. Addirittura le isole Andamane ne hanno risentito, per la conversione della foresta costiera in piantagioni di banane e cocchi.
L'industria mineraria è un'altra causa del degrado ambientale. Grandi quantità di sostanze si sedimentano in mare, distruggendo le praterie di fanerogame. In alcuni paesi asiatici, sfuggendo ai controlli, le imprese minerarie utilizzano mezzi considerati illegali in altri paesi, scaricando in mare sostanze tossiche e quantità imprecisate di metalli pesanti che possono avvelenare, nel medio-lungo periodo, sia la fauna ittica che le fanerogame e i dugonghi stessi. Esami sul pescato rivelano sempre più spesso, e in quantità sempre maggiore, la presenza di mercurio, piombo e altre sostanze tossiche. Non va dimenticato che l'industria mineraria genera anche inquinamento acustico, le cui conseguenze sono difficilmente quantificabili.
Per finire, tra le cause di degrado ambientale, vanno incluse le basi militari e gli impianti nucleari, con lo scarico in mare di acqua calda dai reattori, che può far aumentare la temperatura del mare e la sua salinità, influendo sulla salute delle piante marine.  [Top]

Impatto coi natanti: nonostante i dugonghi abbiano spesso un'intricata rete di cicatrici e graffi sul corpo che possono far pensare all'effetto di eliche, il rischio di impatto con natanti è molto basso, a differenza dei 'cugini' lamantini della Florida, cha abitano acque ad alto traffico di barche e che spesso vengono feriti o uccisi dai natanti, tanto che sono entrati in vigore limiti di velocità nelle acque frequentate dai lamantini e numerosi cartelli avvisano della loro presenza. Sembra che il dugongo abbia imparato a convivere con la presenza di imbarcazioni, adeguando i suoi orari di alimentazione e mantenendosi a distanza di sicurezza. Va aggiunto che i dugonghi abitano acque dove il traffico è generalmente molto ridotto. Nelle zone dove il traffico è più intenso i dugonghi si sono spostati in acque più tranquille. Le uniche aree pericolose sono in Australia, nelle vicinanze dei grossi centri abitati, con molte imbarcazioni da diporto, dove si registrano ogni anno qualche ferimento e, raramente, decessi.
Un alto traffico di imbarcazioni da diporto causa comunque turbolenze in acqua, che possono alterare l'habitat delle fanerogame e sicuramente arrecano disturbo ai dugonghi residenti.
Come tutte le minacce alla sopravvivenza del dugongo, non va comunque sottovalutata.

NB: gli ingrandimenti di tutte queste foto sono visibili nella Photo Gallery


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